top of page

Fornazzo - storia e luoghi di un tesoro dimenticato

  • Immagine del redattore: La teoria del Fornazzo official
    La teoria del Fornazzo official
  • 21 dic 2020
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 22 dic 2020



Un documentario importante, dove viene svelata la Teoria del Fornazzo.


Le musiche composte appositamente per questo documentario e per Fornazzo, sono state ideate sui luoghi stessi.


Ecco il testo completo, che durante la registrazione ha subito qualche taglio così da migliorare la scorrevolezza.


Ecco il testo originale:

Fornazzo, unica frazione del comune di Milo, situato a 800 metri sul livello del mare è il paese più alto dell’Etna, da dove si dipartono importanti vie di congiunzione.

Nasce sulla colata del 1689, riconoscibile a tratti, e fu insignito del titolo di “Villagio Ideale d’Italia” dalla rivista “Airone” nel 1991.

Apparentemente poco significativo, cela nel suo profondo storie che hanno cambiato il nostro quotidiano. Figure importanti legate a questo luogo, che hanno cambiato la nostra storia.


L’etimologia del suo nome come vuole la Tradizione, racconta di un uomo che edificò la propria dimora accanto una grotta lavica. Questa sembrava, a chi la guardasse, un grande forno: un “fornazzo”. Da allora il luogo in cui nasceva quella lingua di pietra ha assunto una nuova identità, quella che conserva ancora oggi. Non sappiamo dove sia di preciso ubicata questa grotta ma possiamo presumere sia nelle zone dove oggi sorge il paese. Altra ipotesi sta nella presenza di un’antica grande fornace, in dialetto Furnazzu”, che si trova all’ingresso del paese. Oggi è in stato di abbandono, coperto da roveti ed erbacce. Ma si è fiduciosi che possa essere rivalutato e reso accessibile.


Fornazzo, a fine ottocento nasce come una piccola contrada di poche case, fino all’arrivo di Giuseppe Leotta, divenuto famoso col nome di “don Puddu da Nivi”.

Di origine giarrese, sin da giovane Giuseppe si dedicò al lavoro, prima con la calce poi con le segherie e le doghe per le botti. Attratto dalla neve, di cui si sentiva fortemente la mancanza all’epoca, decise di trasferirsi nel 1904 nella piccola borgata di Fornazzo, costituita da poche abitazioni, un luogo ideale, dove la neve si cumulava abbondantemente durante i freddi inverni. Iniziò la realizzazione delle prime “Tacche”, grandi fossati per conservare la neve. Grazie a lui, arrivò il telefono, inaugurato il 1° aprile del 1921 con una chiamata al figlio. Con questo evento, Don Puddu, con l’animo sereno cercò di incrementare lo spostamento della neve dalle neviere al paese, poiché i muli non bastavano più, tanto si era moltiplicato il lavoro; infatti oltre alla neve, divenuta un bene preziosissimo, anche il legname e carbone ebbero il loro sviluppo. Con l’arrivo del figlio Salvatore e la sua famiglia a Fornazzo, nasce l’idea della teleferica, inaugurata nel 1922, in concomitanza dell'arrivo della corrente elettrica. Dopo tanti sforzi, anni di serio impegno, sacrifici e grandi soddisfazioni. Don Puddu muore nel 1923, appena un anno dopo la grande impresa.


Dopo di lui, il paese si evolverà tra alti e bassi sino ai giorni nostri. Di tutto quel lavoro, quella fatica e quel via vai di gente e operai non è rimasto quasi più nulla. Un paese tranquillo, disteso sulla strada che collega Milo a Linguaglossa, ma anche punto d’inizio di una delle strade più importanti dell’Etna, la Mareneve, percorsa da tanti escursionisti e curiosi che la percorrono per visitare il versante Nord-Est dell’Etna. Risalendola lungo i suoi tornanti, si trova Casa Pietracannone, il punto base n° 16 del Parco Regionale dell’Etna. Il suo nome deriva da una piccolo tunnel, una cavità prodotta dalla carbonizzazione di un tronco d’albero, certamente avvenuta durante l’eruzione del 1689, che dalla Valle del Bove arrivò quasi all’attuale Macchia di Giarre. Su queste lave nasce Fornazzo.

Dalla Casa Pietra Cannone, si percorre l’antica trazzera Bosco Cerrita, una strada di rilevante importanza, usata dai pastori e dai boscaioli. Oggi è lasciata in uno stato di relativo abbandono, ma è comunque ben riconoscibile e marcata. Tra Pioppi e Castagni, si incontra sulla destra un brevissimo viottolo, difficilmente riconoscibile, e dopo pochi passi si apre nel terreno la famosa Neviera di Don Puddu.

Una cavità che originariamente era profonda una decina di metri, 18 in lunghezza e una decina di larghezza. Oggi il suo fondo è ricoperto da terra e sabbia, accumulatasi da quando è stata abbandonata, negli anni 50, ciò ha fatto sì che alcuni alberi crescessero al suo interno.

Sembra strano, tra questo silenzio e questi immobili blocchi di pietra lavica, che un tempo qui ci fosse un pullulare di gente, di carico e scarico, specialmente nelle ore notturne.

Per facilitare lo spostamento della neve e della legna, nel 1922, su idea di Don Puddu e di suo figlio Salvatore con l’ausilio dell’ingegnere Francesco Fusco, viene realizzata la Teleferica, o funivia, la prima sull’Etna, con la quale la neve veniva trasportata dalla Cerrita sino a Fornazzo e raccolta in una seconda “niviera” a ridosso della villa che il cav. Leotta aveva fatto costruire di fronte alla piazza principale del paese.

Il costo considerevole per la sua realizzazione fu ripagato dal fatto che portò buoni affari, tant’è che l’anno seguente fu allungata di 3 km, oltre ai 4 già esistenti, giungendo così fino a monte Concazza, dove nel 1935 sorgerà il Rifugio Citelli.

La Teleferica fu un’invenzione innovativa, anche se non durò molto: nel 1928, anno tristemente ricordato per l’eruzione che distrusse l’antica Mascali, la struttura fu seriamente danneggiata e venne abbandonata, ponendo fine ad un vigoroso commercio, andato man mano ad affievolirsi con l’avvento del ghiaccio industriale.


L’unica traccia di essa è l’arrivo, segnata da questa casa a torretta che ospitava la centrale elettrica per il funzionamento della teleferica. Da qui, avveniva lo scarico dei materiali e della neve che dopo lavorati venivano esportati nelle zone limitrofe, ma anche fino a Napoli e Malta.


Nella stessa villetta, dove sorge il punto di arrivo della Teleferica, vi è un albero dalle imponenti dimensioni Il Bagolaro o “Minicucco” di Fornazzo, riconosciuto come patrimonio verde nazionale. Imponente, apre le sue fronde che tendono verso il cielo, quasi invidioso dal campanile poco distante da esso. L’Autunno fa si che ai suoi piedi un tappeto di foglie secche copra il piazzale circostante, ricordandoci che non siamo eterni, e dobbiamo rispettare ciò che ci è stato consegnato.


E proprio per ricordarci della natura che ci circonda, dinanzi all’insigne albero, sorge il Museo del legno di Castagno, ideato nel 2010 ed inaugurato nel 2019.

Il Museo nasce per mettere in risalto l’economia principale del paese basata sulla lavorazione del castagno ancora oggi realizzata da numerose falegnamerie. Il progetto è quello di qualificare il legno di castagno etneo, particolarmente resistente e adatto alle travature delle case, al fine di riconoscerlo a livello nazionale ed europeo.

Da anni i falegnami si battono per riconoscere il pregiato legno, usato principalmente per la realizzazione di tetti, poiché le sue qualità gli consentono di avere una durezza e una durata maggiore rispetto ad altri. Dovremmo imparare ad accorgercene noi per primi. Abbiamo un prodotto di eccellenza di cui possiamo andare fieri e per cui dobbiamo batterci affinché gli sia dato il giusto valore


Emblema del paese è la chiesa del Sacro Cuore, eretta tra il 1932 e il 1934, su forte volere dei paesani, che col duro lavoro spesso praticato anche di domenica, riuscivano a fatica ad andare a Milo, specialmente nei giorni freddi e piovosi, dopo svariate pressioni iniziate già dal 1926, con la visita di Mons. Fernando Cento. Dopo una moltitudine di lettere e proteste, il 4 agosto 1932, Mons. Evasio Colli, vescovo di Acireale, benedisse la prima pietra, ed in meno di due anni, il 29 giugno 1934 la chiesa faceva bella mostra di se, in posizione dominante sulla piazza del paese.

Fu eretta parrocchia il 1° giugno 1946.

La struttura in stile Neogotico, si mostra semplice, con monofore a sesto acuto.

L’interno ad una navata si chiude con l’abside in cui troneggia la macchina dell’altare maggiore, che custodisce l’immagine del Sacro Cuore, attorniata da due artistiche vetrate raffigurante la simbologia del Cuore di Gesù e l’apparizione di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, da cui nacque il culto al Sacro Cuore.

Oltre all’altare maggiore, vi sono altri due piccoli altari con la statua della Madonna e di San Giuseppe.

Di forte impatto, le vetrate che rappresentano le eruzioni che minacciarono Fornazzo.

Gran parte delle opere e degli abbellimenti della chiesa sono stati offerti dai comitati dei festeggiamenti Patronali, che hanno luogo la seconda domenica di Luglio.


Altro luogo di culto, dalle particolare caratteristiche è l’altarino votivo del Sacro Cuore, sulla Mareneve.

Realizzato a ringraziamento dello scampato pericolo dall’importante e drammatica eruzione del 1950, fu lambito dalla lava nel 1971 e nel 1979, quest’ultima sfondò il muro laterale della cappelletta, fermando lì la sua marcia.

Le tre colate sono ancora ben visibili, basta uscire appena da Fornazzo verso nord o percorrere la Mareneve, e s’incontra la colata, riconoscibile dalle più recenti perché già schiarita per l’opera di colonizzazione dello stereocaulon vesuvianum, un lichene noto anche come barba della lava.

Una deserto inquietante ed affasciante nello stesso tempo che riporta la mente a quei momenti di angoscia e tribolazione, in cui gli abitanti furono costretti a portar via gli arredi delle proprie case. Ruderi di edifici divorati dall’insaziabile marcia, strade che vengono interrotte, il paese evacuato d’urgenza.

Oggi tutto appare lontano, quasi che non ci appartenesse più, eppure dobbiamo sempre ricordarci che abitiamo su un vulcano, che regala bellezze ineguagliabili, ma che è anche pericoloso, specialmente per l’imprevedibilità delle sue eruzioni.


La vita in paese continua, il trascorrere dei giorni è scandito dagli eventi che in esso si svolgono.

La festa del Patrono, Il Sacro Cuore di Gesù, la seconda domenica di luglio.

La sagra del fungo porcino nel mese di settembre.

La festa di San Martino, il primo sabato e domenica di novembre


Per informazioni in tempo reale sulle attività del paese, vi è sul social Facebook la pagina

Fornazzo, "Villaggio Ideale d’Italia”, un giornale online del paese, cronache, news, foto, documentari, viabilità stradale, previsioni del meteo in diretta live e tanto altro.


Questa terra mi è cara da sempre. Di essa non conoscevo nulla, ma sapevo che ci stava qualcosa di grandioso nascosto tra i suoi tetti e i suoi monumenti.

Mi piace immaginare che Don Puddu non se ne sia mai andato, che ha semplicemente voluto lasciare un corpo mortale per poter far vivere la sua anima in questo luogo, dove ha lasciato il Cuore. Dove anche io ho lasciato il Cuore.

Quante volte passiamo per le strade, sotto case e monumenti, e non ci accorgiamo che ognuno di essi ha scritto e racchiude la storia di ciò che eravamo e ciò che siamo.

Fornazzo, non è più un semplice paese, ma è un luogo dove il tempo cambia, dove l’aria ha un altro sapore. Dove sono custoditi patrimoni inestimabili da rivalutare.

La Teoria del Fornazzo, non è un gioco di parole, ma un impegno di vita: Far conoscere tutti i luoghi poco conosciuti ma ricchi di storia come Fornazzo.


Ed è proprio da qui che voglio partire! per far riscoprire quei tesori che abbiamo, ma di cui ci siamo scordati il valore.





Comments


© 2025 by The Artifact. Proudly created with Wix.com

  • La Teoria del Fornazzo
  • La Teoria del Fornazzo official
bottom of page